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Lavorare online come freelancer: quando serve la Partita IVA?

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Written by Redazione

Il lavoro online è diventato sempre più comune, soprattutto nella fascia più giovane della popolazione italiana e mondiale. Se, fino a qualche anno fa, optare per una carriera da “freelancer digitale” era considerata una scelta azzardata, quasi da outsider, oggi non si stupisce più nessuno dinanzi a figure come il social media manager o la fashion blogger.

Del resto, mentre diversi settori versano, ormai da tempo, in una situazione di costante decrescita, il mondo della Rete sembra non conoscere battute d’arresto. Basti pensare al fenomeno degli e-commerce, divenuti un tassello fondamentale dell’economia globale: non ci riferiamo solo ai “big” come Amazon, bensì anche a realtà di piccole e medie dimensioni.

In uno scenario del genere, infatti, ad investire nel digitale non sono soltanto le grosse aziende, quanto soprattutto i singoli imprenditori, i liberi professionisti, i trenta-quarantenni alla ricerca di opportunità. Non a caso, secondo l’Osservatorio sulle Partite IVA, circa l’80% delle attività nate nel 2020 è stato avviato da soggetti tra i 18 e i 50 anni di età.

A proposito di Partite IVA, uno dei maggiori problemi del lavoro online riguarda proprio la difficoltà nel classificare correttamente queste nuove figure, in quanto spesso prive di un effettivo riconoscimento a livello normativo e, talvolta, posizionate a metà tra l’impiegato più “tradizionale” ed il professionista creativo, cosa che rende complesso il loro inquadramento.

Lavorare online senza Partita IVA: quando è possibile?

Uno dei dubbi più frequenti tra gli aspiranti “lavoratori digitali” è: “Devo avere la Partita IVA per collaborare, ad esempio, con un’agenzia di web marketing o una testata online?”.

Il motivo è comprensibile: l’apertura della Partita IVA non è una decisione da prendere sottogamba, per cui tante persone preferirebbero rinviarla il più possibile in là nel futuro.

Per rispondere alla domanda, comunque, sottolineiamo che, almeno in una prima fase, non occorre la Partita IVA per intraprendere una collaborazione in Rete: se si tratta di singole prestazioni – come, per esempio, la scrittura di un articolo o la realizzazione di un video dietro compenso – è possibile rilasciare semplicemente una ricevuta non fiscale.

La legislazione, infatti, prevede l’uso della prestazione occasionale per questo genere di lavori saltuari, a prescindere dal fatto che si svolgano o meno sul web. Adottando tale strumento, se il committente è un’azienda con sede in Italia, il compenso del prestatore viene decurtato del 20% per la cosiddetta “ritenuta d’acconto”, trattenuta e versata direttamente all’erario.

Dunque, se un articolo viene commissionato al prezzo di 100 euro, il lavoratore riceve un compenso netto pari a 80 euro, mentre la ritenuta d’acconto corrisponde a 20 euro.

Tuttavia, onde evitare che qualcuno finisca per abusarne, alle prestazioni occasionali sono state applicate svariate restrizioni: innanzitutto, le collaborazioni possono avere una durata massima di 30 giorni per anno solare (per committente); in secondo luogo, è necessario che siano di carattere episodico, ovvero che non si ripetano con regolarità (es. una volta al mese).

Dunque, se tali criteri possono dirsi soddisfatti, è possibile lavorare online senza Partita IVA.

Dal lavoro occasionale alla Partita IVA in 3 semplici mosse

La prestazione occasionale è sicuramente un ottimo modo per muovere i primi passi in Rete, ma non bisogna cadere nell’errore di considerarla un’alternativa alla Partita IVA.

I requisiti elencati, infatti, sono piuttosto restrittivi, per cui è indispensabile, ad un certo punto, attivarsi per regolarizzare la propria attività. Per fortuna è più facile del previsto!

Buona parte delle attività che si svolgono online può essere avviata con inquadramento da libero professionista, cosa che azzera i costi di apertura della Partita IVA e, al contempo, rende assai più semplice e rapido il disbrigo dei vari adempimenti fiscali e burocratici.

Attenzione, però: la scelta dell’inquadramento dev’essere sempre connessa al modello di business che si desidera attuare. Pertanto, la consulenza di un professionista è uno step indispensabile per evitare di commettere errori che comprometterebbero l’attività in futuro.

Il secondo punto riguarda la definizione del Codice ATECO – che, per chi non lo sapesse, è un codice associato alla Partita IVA, che identifica chiaramente la professione svolta e/o il settore di appartenenza (es. medico, avvocato, ecc. o centro estetico, impresa agricola, ecc.) – e la conseguente difficoltà nell’individuare quello giusto per le attività più “innovative”.

Dunque, per superare anche questo scoglio, è necessario il supporto di un consulente o, ancora meglio, della sua versione “telematica”: il cosiddetto “commercialista online”, che sostituisce in tutto l’assistenza “in presenza”, ma con un miglior rapporto qualità/prezzo.

Infine, il terzo punto consiste nella scelta del regime fiscale più vantaggioso: per le nuove attività che, inizialmente, producono un reddito contenuto, la soluzione non può che essere il regime forfettario, un regime agevolato dalla tassazione fissa, con aliquota al 5% per cinque anni (per chi possiede i requisiti) o al 15% (dal sesto anno e per tutti gli altri casi).

La consulenza di un commercialista online, pertanto, è utile per ragionare su questi aspetti e portare a termine la procedura di avvio della Partita IVA in maniera ottimale, ottenendo il più ampio margine di risparmio dalla scelta del Codice ATECO e del regime fiscale e, quindi, ponendosi sin da subito nella giusta direzione, dritti verso l’obiettivo.

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